L'AquilaSpettacoli

725^ Perdonanza Celestiniana

Chi segue la nostra pagina Facebook sa che ogni settimana, e poi ogni giorno, annunciamo gli eventi musicali includendo un videoclip musicale, per guardarlo e ascoltarlo insieme ai nostri lettori.

Nell’attesa della cerimonia di apertura della 725^ Perdonanza Celestiniana, e per tutta la durata dell’evento, cioè da lunedì 19 fino a giovedì 29 agosto 2019, annunceremo gli eventi musicali includendo un film o un docu-film dedicato a Celestino V e a L’Aquila.

Nel nostro piccolo, vogliamo far conoscere la nostra città ripercorrendone la storia sin dalla fondazione, che coincide con la vicenda umana e religiosa del Papa «che fece per viltade il gran rifiuto» (Divina Commedia, Inferno, Canto III, verso n. 60).

Nel corso della giornata non mancherà certo occasione di ascoltare un po’ di buona musica aquilana.

Ci farebbe molto piacere se i nostri lettori, musicisti o amanti della musica, amassero con il nostro stesso entusiasmo questa città in cui l’arte in tutte le sue forme d’espressione, compresa la musica, affonda radici profonde e antichissime.

Per questo, invitiamo tutti calorosamente a guardare i filmati, a commentarli e condividerli.

Chi è Celestino V

Celestino V è stato il 192º papa della Chiesa cattolica.

Eletto il 5 luglio 1294, si insediò il 29 agosto 1294 nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio fatta da lui stesso costruire, e il suo pontificato durò poco più di tre mesi, fino al 13 dicembre 1294.

Morì (forse assassinato) a Fumone il 19 maggio 1296, e fu sepolto nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio.

Le informazioni sulla sua nascita sono incomplete, sia in ordine all’anno (intorno al 1209) sia in ordine al luogo (Isernia, Sant’Angelo Limosano, Sant’Angelo in Grotte e Castrum Sancti Angeli de Ravecanina).

Nato Pietro Angelerio (o secondo alcuni Angeleri), fu detto Pietro da Morrone ed è venerato come Pietro Celestino.

Celestino V fu il primo papa che volle esercitare il proprio ministero al di fuori dei confini dello Stato Pontificio e il sesto a rinunciare al papato.

È venerato come santo, con il nome di Pietro Celestino da Morrone, dalla Chiesa cattolica che ne celebra la festa liturgica il 19 maggio.

È patrono dei due comuni che ne rivendicano i natali (Isernia e Sant’Angelo Limosano) e compatrono dell’Aquila, di Urbino e del Molise.

Un Papa per caso

Alla morte di Papa Niccolò IV (4 aprile 1292) si riunì il conclave.

Numerose furono le riunioni dei padri cardinali nell’Urbe, ma nonostante ciò, il Sacro Collegio non riusciva a far convergere i voti necessari su nessun candidato.

Sopravvenne un’epidemia di peste che indusse allo scioglimento del conclave.

Passò più di un anno prima che il conclave potesse nuovamente riunirsi, perché un profondo disaccordo si era creato circa la sede in cui convocarlo (Roma o Rieti).

Finalmente si riuscì a trovare una soluzione sufficientemente condivisa, stabilendo la nuova sede nella città di Perugia (18 ottobre 1293).

I porporati però, nonostante le laboriose trattative, non riuscivano ad eleggere il nuovo Papa, soprattutto per la frattura che si era creata tra i sostenitori dei Colonna e gli altri cardinali.

I mesi si susseguivano inutilmente e il permanere della sede vacante aumentava il malcontento popolare che si manifestava attraverso disordini e proteste, anche negli stessi ambienti ecclesiastici.

Si giunse così alla fine del mese di marzo del 1294, quando i cardinali dovettero registrare un evento che, probabilmente, contribuì, forse in maniera determinante, ad avviare a conclusione i lavori del Conclave.

Erano in corso, in quel momento, le trattative tra Carlo II d’Angiò, Re di Napoli, e Giacomo II, Re di Aragona, per sistemare le vicende legate all’occupazione aragonese della Sicilia, avvenuta all’indomani dei cosiddetti vespri siciliani, del 31 marzo 1282.

Poiché si stava per giungere alla stipula di un trattato, Carlo d’Angiò aveva necessità dell’avallo pontificio, la qual cosa era impossibile, stante la situazione di stallo dei lavori del Conclave.

Spinto da questa esigenza, il re di Napoli si recò, insieme al figlio Carlo Martello, a Perugia dove era riunito il Conclave, con lo scopo di sollecitare l’elezione del nuovo Pontefice.

Il suo ingresso nella sala dove era riunito il Sacro Collegio provocò ovviamente la riprovazione di tutti i cardinali e il re fu cacciato fuori, soprattutto per l’intervento del cardinale Benedetto Caetani.

Nel frattempo, Pietro da Morrone aveva predetto “gravi castighi” alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore.

La profezia fu inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presentò all’attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, era nota a tutti i regnanti d’Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto.

Il Cardinale Decano, però, dovette adoperarsi molto per rimuovere le numerose resistenze che il Sacro Collegio aveva sulla persona di un non porporato.

Alla fine, dopo ben 27 mesi, emerse dal Conclave, all’unanimità, il nome di Pietro Angelerio del Morrone; era il 5 luglio 1294.

L’elezione unanime da parte del Sacro Collegio di un semplice monaco eremita, completamente privo di esperienza di governo e totalmente estraneo alle problematiche della Santa Sede, può forse essere spiegata dal proposito attendista di tacitare l’opinione pubblica e le monarchie più potenti d’Europa, vista l’impossibilità di eleggere un porporato su cui tutti fossero d’accordo.

È possibile che i cardinali fossero pervenuti a questa soluzione pensando anche di poter gestire, ciascuno a modo suo, la totale inesperienza del vecchio monaco eremita, guidandolo in quel mondo curiale e burocratico a cui egli era totalmente estraneo, sia per reggere meglio la Chiesa in quel difficile momento, sia per vantaggi personali.

Un Papa hippy

La notizia dell’elezione gli fu recata da tre ecclesiastici che, nelle settimane successive, poco prima dell’agosto 1294, salirono sul monte Morrone per annunciare l’elezione a Pietro Angelerio.

Un uomo vecchio, attonito ed esitante per così grande novità [con indosso] una rozza tonaca.

Cosi apparve Pietro Angelerio a Iacopo Stefaneschi, uno dei messi.

Alla notizia dell’elezione, gli occhi gli si velarono di pianto.

Lo stesso Stefaneschi narra che quando i messi si inginocchiarono al suo cospetto, lo stesso Pietro da Morrone si prostrò umilmente davanti a loro.

Tra la sorpresa e lo sconcerto per l’annuncio che gli recarono, fra’ Pietro si volse verso il crocifisso appeso a una parete della sua cella e pregò a lungo.

Poi, con grande apprensione e sofferenza, dichiarò di accettare l’elezione.

Appena diffusa la notizia dell’elezione del nuovo Pontefice, Carlo II d’Angiò si mosse immediatamente da Napoli e fu il primo a raggiungere il religioso.

In sella a un asino tenuto per le briglie dallo stesso re e scortato dal corteo reale, Pietro si recò nella città di Aquila (oggi L’Aquila), dove aveva convocato tutto il Sacro Collegio.

Qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V.

La Bolla del Perdono: il primo Giubileo della storia

Uno dei primi atti ufficiali fu l’emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, che elargisce l’indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell’Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29.

Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese.

In pratica, Celestino V istituì a Collemaggio un prototipo del Giubileo.

Il nuovo Pontefice si affidò, incondizionatamente, nelle mani di Carlo d’Angiò, nominandolo “maresciallo” del futuro Conclave.

Ratificò immediatamente il trattato tra Carlo d’Angiò e Giacomo d’Aragona, mediante il quale fu stabilito che, alla morte di quest’ultimo, la Sicilia sarebbe ritornata agli angioini.

Celestino vescovo, servo dei servi di Dio, a tutti i fedeli di Cristo che vedranno la presente lettera, salute e apostolica benedizione. Tra le solennità dei Santi, è da annoverare, tra le più importanti, quella di San Giovanni Battista, in quanto questi, pur provenendo dal grembo di una madre sterile per vecchiaia, tuttavia fu fertile di virtù e fonte eloquente di sacri doni, voce degli Apostoli avendo concluso il ciclo dei profeti, annunziò la presenza di Cristo, lucerna del mondo offuscato, sulla terra ricoperta dalle tenebre dell’ignoranza, mediante l’annuncio del verbo e mediante miracolose indicazioni, onde per cui segui il suo glorioso martirio misteriosamente ordinato dall’arbitrio di una donna impudica. Noi che nel giorno della decollazione dello stesso Santo, nella chiesa aquilana di S. Maria di Collemaggio, dell’Ordine di San Benedetto, ricevemmo l’insegna del diadema posta sul nostro capo, desideriamo che sia onorato con più venerazione mediante inni, canti e devote suppliche dei fedeli. Affinché, adunque, in detta chiesa, la festività della decollazione di S. Giovanni sia esaltata con particolari onoranze e tanto più devotamente e tanto più ferventemente sia celebrata con il concorso devoto del popolo di Dio, quanto più in tale chiesa la supplice preghiera di coloro che cercano il Signore troverà le gemme risplendenti dei doni spirituali della Chiesa, che gioveranno nei tabernacoli eterni, per la misericordia di Dio onnipotente e confidando nell’autorità dei suoi beati apostoli SS Pietro e Paolo, annualmente assolviamo dalla colpa e dalla pena, che meritano per tutti i loro peccati, commessi fin dal battesimo, tutti coloro che veramente pentiti e confessati saranno entrati nella predetta Chiesa dai vespri della vigilia della festività di S. Giovanni fino ai vespri immediatamente seguenti la festività. Dato in L’Aquila, il 29 settembre nell’anno primo del nostro pontificato.

Le cattive amicizie

Dietro consiglio di Carlo d’Angiò, trasferì la sede della Curia da L’Aquila a Napoli fissando la sua residenza in Castel Nuovo, dove fu allestita una piccola stanza, arredata in modo molto semplice e dove egli si ritirava spesso a pregare e a meditare.

Di fatto il Papa era così protetto da Carlo, ma anche suo ostaggio, in quanto molte delle decisioni pontificie erano direttamente influenzate dal re angioino.

Probabilmente, nel corso delle sue frequenti meditazioni, dovette pervenire, poco a poco, alla decisione di abbandonare il suo incarico.

In ciò fu sostenuto anche dal parere del cardinal Benedetto Caetani (il futuro Bonifacio VIII) esperto di diritto canonico, il quale riteneva pienamente legittima una rinuncia al pontificato.

In effetti Pietro da Morrone dimostrò una notevole ingenuità nella gestione amministrativa della Chiesa, ingenuità che, unitamente ad una considerevole ignoranza (nei concistori si parlava in volgare, non conoscendo egli a sufficienza la lingua latina) fece precipitare l’amministrazione in uno stato di gran confusione, giungendo persino ad assegnare il medesimo beneficio a più di un richiedente.

Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un concistoro, diede lettura della rinuncia all’ufficio di romano pontefice, il cui testo originale andato perduto ci è giunto attraverso l’analoga bolla di Bonifacio VIII.

La rinuncia

Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della Plebe [di questa città], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale

Gli storici hanno poi dimostrato che tale formula era già stata utilizzata nelle Decretali da Innocenzo III per le rinunce episcopali, mentre altri hanno ipotizzato che una bolla pontificia, contenente tutte le giustificazioni per un’abdicazione del Papa, fosse stata compilata ad hoc proprio dal cardinal Caetani, il quale, vista l’impossibilità di controllare il Papa come aveva auspicato, impedito in questo da Carlo d’Angiò, intravedeva in questa vicenda la possibilità di ascendere egli stesso al soglio pontificio con notevole anticipo sui tempi che egli aveva preventivato al momento in cui aveva aderito all’elezione di Pietro da Morrone.

Di fatto l’unica fonte storicamente certa del sommario contenuto della bolla celestiniana rimane ad oggi la decretale Quoniam aliqui inserita nel Liber Sextus per volontà del suo successore Bonifacio VIII.

Undici giorni dopo le sue dimissioni, infatti, il Conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elesse il nuovo papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, laziale di Anagni.

Aveva 64 anni circa e assunse il nome di Bonifacio VIII.

Un giallo medievale

Caetani, che aveva aiutato Celestino V nel suo intento di dimettersi, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono dell’eremita, diede disposizioni affinché l’anziano monaco fosse messo sotto controllo, per evitare un rapimento da parte dei suoi nemici.

Celestino, venuto a conoscenza della decisione del nuovo papa grazie ad alcuni tra i suoi fedeli cardinali da lui precedentemente nominati, tentò una fuga verso oriente fuggendo da San Germano per raggiungere la sua cella sul Morrone e poi Vieste sul Gargano, per tentare l’imbarco per la Grecia, ma il 16 maggio 1295 fu catturato presso Santa Maria di Merino da Guglielmo Stendardo II, connestabile del regno di Napoli, figlio del celebre Guglielmo Stendardo, detto “Uomo di Sangue”.

Celestino tentò invano ancora una volta di farsi ascoltare dal Caetani chiedendo di lasciarlo partire, ma il Caetani restò fermo sulle sue decisioni al riguardo.

Alcuni storici narrano che Celestino si sia reso conto dell’inutilità delle sue richieste e, mentre veniva portato via, abbia sussurrato una frase, presumibilmente rivolta al Caetani, che poteva quasi essere un presagio.

Otterrai il Papato come una volpe, regnerai come un leone, morirai come un cane.

Peraltro la mitezza d’animo e la innata bontà di Celestino non sembrano in linea con queste espressioni.

Raggiunto dai soldati, questi lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Campagna e Marittima (attualmente nella Provincia di Frosinone), castello nei territori dei Caetani e di diretta proprietà del nuovo Papa; qui il vecchio Pietro morì il 19 maggio 1296, fortemente debilitato dalla deportazione e dalla successiva prigionia: la versione ufficiale sostiene che l’anziano uomo, aveva 87 anni, sia morto dopo aver celebrato, stanchissimo, l’ultima messa.

Fu inizialmente sepolto nei pressi di Ferentino, prima nella chiesa di Sant’Agata e successivamente nella chiesa di Sant’Antonio sita nell’abbazia celestina che dipendeva dalla casa madre di Santo Spirito del Morrone.

A proposito della morte si sparsero subito voci e accuse.

Sebbene la teoria secondo la quale Bonifacio ne avrebbe ordinato l’assassinio fosse priva di fondamento, di fatto il successore ne ordinò la segregazione che, in qualche modo, lo portò a morte.

Il cranio di Celestino presenta un “foro”, che due perizie sulla salma datate 1313 e 1888 interpretarono come corrispondente a quello producibile da un chiodo di dieci centimetri, ma, secondo alcuni, potrebbe essere piuttosto la conseguenza di un ascesso di sangue; l’ultima perizia del 2013 sostiene invece che il foro fu inferto al cranio molti anni dopo la sua morte.

Bonifacio portò il lutto per la morte del predecessore, caso unico tra i papi, celebrò una messa pubblica in suffragio per la sua anima e diede inizio, poco dopo, al processo di canonizzazione.

Una città in festa

Ecco perché ogni anno a L’Aquila si celebra la Perdonanza Celestiniana e i nostri artisti la rendono speciale in ogni angolo con la loro musica.

Provare per credere.

Buona musica a tutti!